Ci sono giorni che sembrano strani e non capisci il perché fino a quando non succede qualcosa di epocale. Poi ripensi alla mattina che hai vissuto - al caffè che hai accidentalmente rovesciato sulla tua giacca Yamamoto bianca immacolata, alla puzza persistente di aglio che filtra dal frigorifero dell'ufficio, al rossetto che ti macchiava i denti quando flirtavi col ragazzo della colazione - e tutto all'improvviso acquista un senso.
Per me era uno di quei giorni.
La mia lettura
Quando ho finito di leggere per la prima volta Cinquanta sfumature di grigio devo ammettere che nella mia assoluta ignoranza mi sono detta: "Cavoli però, è destabilizzante!".
Adesso, col senno di poi, direi tranquillamente che sul frontespizio di ognuno dei tre libri avrebbero potuto scrivere come sottotitolo: Adattamento (mooooooolto) edulcorato e rassicurante del sadomaso per i minori di quattordici anni.
In realtà avrei potuto perdonare già da molto tempo a Ms James il gran pasticcio che ha combinato, insomma non è che si possa essere tutti Nabokov o Duras o Lawrence. Se non fosse che l'erba cattiva ha ormai scandalosamente preso piede, e librerie e store online sono tappezzati di romanzi pseudo-erotici. Per usare le parole di quel genio virtuoso di Edoardo Bennato: "La frittata è fatta!". E la cosa veramente inquietante è che la frittata alla fine dei conti è sempre quella: praticamente come andare in un ristorante a menù fisso.
Perciò era quasi inevitabile chiedersi: "Ma perché tanti che ci girano intorno e nessuno, ripeto, nessuno che voglia davvero osare?".
Ad Abigail Barnette (pseudonimo di Jennifer Trout, da non confondere con la sua quasi perfetta omonima Armentrout, autrice della saga fantasy The dark elements) va senza dubbio riconosciuto di averci almeno provato. Insieme ad una notevole, nient'affatto scontata abilità nel mantenere viva una storia di per sé abbastanza semplice per la bellezza di ben quattro libri (e un quinto in attesa).
Tutto comincia con The Boss o, nella mia personale parafrasi, Quello che E. L. James non ci ha detto della sottomissione.
Quando quella mattina arriva a Porteras, la rivista di moda che detta legge a New York, Sophie non si aspetta nient'altro che un'altra infaticabile giornata agli ordini della schiacciasassi Gabriella Winters (se avete visto Il diavolo veste Prada avrete ben chiara l'idea), finché dalla porta dell'ufficio non entra l'ultima persona che avrebbe mai pensato di vedere. E così si ritrova all'improvviso catapultata indietro nel tempo di sei anni, quando, in un aeroporto di Los Angeles, a causa di un volo in ritardo per Tokyo, ha incontrato questo affascinante sconosciuto dagli intensi occhi verdi e il raffinato accento inglese, con cui ha passato un'unica, indimenticabile notte... e che adesso si ritrova davanti nella veste inaspettata di suo nuovo capo, Neil Elwood.
Benché tutto sembri dividerli, l'età, la classe sociale, la professionalità, Neil e Sophie si troveranno ancora una volta attratti l'uno dall'altra, ma quella che comincia come un'innocua, irresponsabile relazione a scopo puramente sessuale, prenderà una piega fatale e Sophie sarà costretta a rimettere in discussione la vita che si è faticosamente costruita in questi ultimi anni.
Se non avete nulla in contrario, direi di passare subito alla ciccia e mettere in chiaro cos'è che fa funzionare le cose qui.
Intanto, prima di tutto, non solo il fare disinvolto con cui i personaggi si presentano sulla scena e la dominano, che è, a conti fatti, un'operazione neanche troppo complessa, ma quel modo purissimo che hanno di interagire fra loro. Un "modo purissimo" sottintende un gran bel lavoro da parte di chi scrive, perché queste interazioni puoi percepirle come autentiche relazioni e queste relazioni sono relazioni che evolvono (è qui che sta la purezza di cui parlavo).
Chicca preziosissima poi la scelta di non raccontare mai per intero quel fatale incontro in aeroporto di sei anni prima: mossa molto astuta perché ogni volta che il lettore pensa di sapere tutto, la voce narrante, puntualmente, lo smentisce fornendogli una tessera in più del puzzle.
Dilunghiamoci anche sulla fluidità con cui l'autrice riesce a passare da un'atmosfera più leggera e divertente (su tutti, sicuramente l'episodio del folle acquisto della Birkin in pelle di alligatore da 100.000 dollari da parte di una sconvolta e incredula Sophie) a un'altra estremamente più intima e sofferta, o ancora a situazioni dal tasso erotico piuttosto rilevante. Da sottolineare a questo proposito, il fatto che Barnette, a differenza di James, arrivata a un certo punto, non decida di nascondersi dietro un'inutile foglia di fico.
Se infatti Anastasia Steele scopre appena il superficiale livello fisico della sottomissione, Sophie Scaife si abbandona totalmente al suo Signore, a un profondo, terrificante livello psicologico.
Il mio intero essere era concentrato su di lui. Nulla esisteva oltre la mia fame di compiacerlo.
Ecco il punto. Mentre tanti altri si appellano a una definizione francamente dubbia o quantomeno riduttiva quale "atto fra adulti consenzienti", Abigail Barnette no, lei non definisce, lei mostra e ciò che mostra è la reale natura di questo tipo di relazione: il BDSM non è altro che un grande numero di illusionismo. La citazione scelta è rivelatrice in tal senso: il potere di chi è in posizione dominante poggia unicamente sulla sottomissione volontaria e appassionata dell'altro, cioè: è il sottomesso a lasciare il potere al dominante. E il dominante è da questo abbandono spontaneo che trae il più selvaggio, il più primordiale piacere.
Si capisce dunque che il vero problema alla base di un rapporto che prevede pratiche sadomasochiste non è affatto il rischio di ridurre l'altro a un mero oggetto sessuale (se ovviamente il contesto è confidenziale), ma principalmente l'inevitabile scissione dell'io. Dove collocare la linea ideale che separa Sophie da Chloe? Quest'identità giocosa (Chloe, appunto) che Neil fa uscire fuori e alla quale è proprio lui a dare un nome, esiste soltanto come identità sessuale per Sophie? Identità sessuale e identità quotidiana fino a che punto possono integrarsi e in che modo interferiscono con i diversi livelli di vita?
Questi sono argomenti, se volete il mio parere. Queste sono questioni su cui cominciare a riflettere, a interrogarsi, e seriamente anche. Perché in fondo un libro è questo che dovrebbe fare, dovrebbe scuoterti, più che rassicurarti. Un libro non è il luogo più adatto per cercare modelli. Però può essere il punto di partenza per rivedere le proprie convinzioni. Per costruire nuovi equilibri.
Immagino che a questo punto dovrei tirare le somme. E dico che The Boss è una serie convincente, gustosa, sensuale, con il giusto tocco di sincerità e serietà... e con una coppia dannatamente esplosiva!
The Boss series | Abigail Barnette | Newton Compton Editori | Trad. di Alice Peretti, Elisa Beneghi e Diana Osti | 1376 p. | euro 6,99 (e-book)
Parole nuove: gretto
Bonus track: The power of love, Celine Dion. Perché il luogo più misterioso che abbiamo paura di esplorare è proprio l'amore. E fondamentalmente The Boss è il racconto di questo.
Il verdetto della Balena Parlante: ★★★½
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